martedì 9 giugno 2009

Tre regali

I ghiacci precipitano dalla roccia tutto intorno formando bianchi fiumi apparentemente immobili; il cielo blu, la neve bianca, il ghiaccio azzurro e la roccia scura, le piccole sagome dei tuoi compagni e nient'altro. Si sente il vento, il tuo respiro, lo scivolare degli sci sulla neve, ogni tanto il fiato di chi ti segue, o ti precede. E nient'altro. La cima, la salita, la discesa, all'improvviso non hanno piu' importanza e l'unico pensiero e' che non vorresti essere in nessun altro posto al mondo. L'unico desiderio e' quello di fermarsi e assaporare quell'istante. Imprimere bene nella memoria quella sensazione, per potervi annegare per qualche secondo quando ne senti il bisogno, fino a quando lentamente svanisce e ti lascia col desiderio di tornare a cercarla.


40 cm di polvere invernale, fredda, leggera e veloce, il 31 di maggio a 4000 metri, e' uno dei migliori regali che il cielo puo' rovesciare sulla terra.


L'arrivo alla Monterosahutte e' tra la nebbia, la pioggia e la neve. Poco sopra Zermatt, sul trenino che sale verso il Gornergratt, i fiocchi sono gia' abbondanti.

La notte porta cielo sereno e freddo, tutta l'acqua si fa neve e la partenza e' sotto i migliori auspici. Alle 4.23 di domenica 31 maggio ci mettiamo in marcia.


Si sale fra i ghiacci del Ghiacciaio del Monte Rosa, seguendo il lungo serpentone diretto alla vetta del gruppo, la Punta Dufour, o alla leggermente piu' modesta Nordend.
Il freddo e' intenso, e i freddolosi che dimenticano di coprirsi adeguatamente sono costretti a tornare indietro.


A 4000 metri non ci resta che decidere se seguire il pendio di sinistra, tagliato da due grandi seracchi, o deviare verso destra, seguendo la lunga fila sulla cresta verso la Dufour (ben visibile se si ingrandisce la foto cliccandoci sopra).


Rimaniamo in due a proseguire verso la Silbersaettel, a sinistra, la depressione massima tra Nordend e Dufour, seguendo la traccia profonda nella neve fresca. Dalla sella, a 4515 metri, parte la discesa integrale del Canalone Marinelli, percorsa solo da pochi temerari. E' davvero impressionante, un imbuto verso il vuoto!


Volendo si puo' salire a una delle due vette, o a tutte e due, per chi ne ha la forza (il rifugio e' gia' 1720 metri piu' in basso).


Il pendio quasi vergine e' troppo invitante e la stanchezza troppo grande. Rinunciamo alla vetta e dalla Sella ci buttiamo giu' scivolando veloci su una neve che non si puo' immaginare a cavallo tra maggio e giugno.

Sciare tra i seracchi, a 4500 metri, con il fiato che ti si spezza dopo due curve eppure farlo col sorriso stampato in volto, con gli occhi felici di un bambino: "esiste qualcosa di piu' bello che vorresti fare in questo momento?".


La notte seguente, la sveglia e' ancora alle 3, ma il rifugio e' avvolto dalla tormenta: freddo pungente, vento e neve piccola piccola e fredda in ogni direzione. Questa volta anche Meteoschweiz proprio non l'ha indovinata. Colazione rinviata di un'ora, ma alle 4 ancora non e' cambiato niente. Finalmente, alle 6, il cielo si apre, si mangia e si parte, direzione Colle del Lys.


Siamo soli questa volta, la nevicata ha cancellato tutte le tracce del giorno prima. Lasciamo la morena e ci immettiamo sul poderoso Grenzgletscher, proprio sotto la Nord del Lyskamm. Vista da qui, non fa tanta paura.


Battiamo traccia nel bianco, fino a quando il vento si fa piu' intenso e le nuvole che coprivano solo le vette piu' alte non si abbassano fino alla grande seraccata che dobbiamo superare sulla destra. Il tempo sembra di nuovo volgere al peggio. Torniamo indietro. La discesa, da 3300 metri a 2500, e' ancora una volta entusiasmante. Primo giugno, ancora 800 metri di polvere. E' il secondo regalo.


Risaliamo al rifugio e decidiamo di cominciare lentamente a tornare verso l'Italia, recuperando l'auto e fermandoci all'ospizio del Passo del Sempione. Negli ultimi 200 metri di discesa sul Grenzgletscher la neve della notte, scaldata ormai dal sole, si fa piu' lenta e pesante ma ci permette di lasciare le nostre tracce proprio in mezzo all'ultima seraccata del Grenzgletscher, dove si congiunge con il Ghiacciaio dei Gemelli.


4500 metri si sentono, soprattutto se e' la prima volta in stagione che si va cosi' in alto. Scendendo a Zermatt e' come se i polmoni si rempissero di nuovo, come se nelle ultime 24 ore, l'aria fosse loro mancata.
La lenta risalita della morena verso la stazione del trenino, riserva gradite sorprese...



... e un utlimo sguardo a dove abbiamo fatto scivolare gli sci, mentre le nostre tracce svaniscono...



L'ospizio del Sempione e' pieno di italiani, quasi tutti in partenza per il Breithorn, 3450 metri, 1500 piu' in alto.

E' una gita molto ripetuta, di cui si leggono report praticamente tutti i finesettimana da aprile a giugno. Ci viene tutto perfetto: salita su neve dura ma con buona aderenza, discesa alla ricerca della linea migliore, su neve dura ma liscissima in alto, firn nella parte centrale, e ancora ottima neve quasi estiva fino a 5 metri dall'ospizio. E' il terzo regalo, anche se questo, in realta', ce lo siamo andati a cercare. Bravo Ale!


Siamo riusciti pure a infilarci in un mini canalino, giusto per fare 4 o 5 curve con un po' di adrenalina in piu'.


Dopo 4 giorni e 3 regali cosi', in mezzo ad alcune tra le montagne piu' belle ed ambite, con i compagni di sempre...


...i progetti si sprecano, la mente e' in fermento, lo sguardo cade incessante su nuove pareti e pendii, ma la stagione e' finita, gli sci riposti con cura, meglio frenare la fantasia, che poi si finisce con l'abbandonare i freni inibitori e partorire idee e proposte malsane...

Aurora sul Gran Paradiso

Dopo il semifallimentare tentativo di fine aprile, a fine maggio ci riprovo.

Archiviata la stagione pirenaica e i poco affidabili compagni di avventura catalani, si parte alla volta delle Alpi.


E' bello sapere che in giro per il mondo c'e' qualcun altro disposto a prendersi un paio di giorni di ferie per andare a 3800 metri a prendersi il freddo vento di un colle innevato il 28 di maggio. Un buon punto di partenza per una buona intesa.

Il locale invernale del rifugio Chabod e' il piu' lussuoso che abbia mai visto. Stufa a legna, gas, pentole, varie decine di posti, tutto ancora profuma di legno nuovo. Meraviglioso. Un po' di relax e' d'obbligo.










La notte del 27 maggio, dopo aver svolto anche mansioni di centralino, mentre Barcellona e' in delirio per il triplete, noi, ignari di tutto, ci corichiamo verso le 22.30, con la sveglia puntata alle 4. Destinazione lo Scivolo Aurora, sulla parete NW del Gran Paradiso.

Siamo soli al rifugio e soli sulla montagna. Il cielo e' velato da poche nuvole che presto spariranno, e solo da meta' parete il vento si fa fastidioso e pungente.


Al colle pero' il freddo e' intenso e non ci lascia il tempo di ristorarci e riposarci. Togliamo le pelli e ci prepariamo alla discesa. C'e' solo un sottile strato di neve inconsistente sul ghiaccio vivo e decidiamo di scendere i primi metri con piccozza e ramponi, fino a quando la pendenza non si fa appena piu' soave e la neve piu' abbondante.


La prima curva e' sempre la piu' importante. La crosta non si rompe, il grip e' eccellente, all'improvviso la tensione si scioglie.


E' quasi una magia come, una volta infilati due pezzi di legno ai piedi, tutto diventi piu' semplice, naturale.
Un paio di curve per capire fino a che punto fidarsi e poi via alla ricerca del passaggio migliore fra le leggere rigole primaverili.

Sotto la crepaccia terminale, finalmente troviamo il tempo di rilassarci un attimo e guardarci alle spalle. Sotto di noi, la neve e' perfetta. Primaverile, liscia, smollata dal sole al punto giusto. La pendenza e' moderata, non ci resta che godere del gesto, della velocita', della leggera pressione che la neve e lo sci restituiscono alla caviglia e al ginocchio tra una curva e l'altra.

Non siamo piu' soli sulla montagna. Dalla Schiena d'Asino spunta un gruppo di scialpinisti piemontesi che scendono dalla vetta. La tensione si allenta e non ci resta che tornare al rifugio, ravanando un po' tra la neve pesante e le roccette, riposare un poco, riprendere le nostre cose, e scendere in qualche modo sulle ultime lingue di neve fino a riprendere il bel sentiero nel bosco che ci riporta all'auto fra pini e i camosci.



Il torrente in piena e' li' che ci aspetta dal giorno prima e una sciacquata in una pozza proprio non ce la possiamo evitare.


Resta un po' di amaro in bocca per non aver messo gli sci fin da subito, ma resta soprattutto il sapore buono di due giorni intensi ma sereni in cui, come quasi sempre accade, la montagna ci ha fatto sapere che abbiamo ancora qualcosa da imparare, su di lei e su noi stessi.

venerdì 5 giugno 2009

Facce e corpi

Mi dicono che l'eco della moderatamente aggressiva campagna elettorale del Partito Socialista spagnolo sia giunta anche in Italia. Comunque, rientrare in auto dall'Italia e trovarsi, appena entrato in citta', un cartello come questo fa un certo effetto


E poi, el Pais pubblica certe foto che da noi sono state censurate. Cosi' ho pensato di produrre un piccolo video...