lunedì 3 ottobre 2011

Rischiare è un diritto?

Voglio riportare qui un editoriale di Alessandro Gogna, alpinista molto conosciuto nell'ambiente e storico dell'alpinismo, tra l'altro genovese. È apparso sul numero di settembre de "Lo Scarpone", edito dal CAI.


RISCHIARE È UN DIRITTO?
di Alessandro Gogna

Una raccomadazione: “Do per scontata la raccomandazione che l’alpinismo e l’arrampicata vanno intrapresi con prudenza, dopo riflessione e graduale preparazione”

Fra breve il nostro Club alpino potrà associarsi a un movimento internazionale per la libertà nella frequentazione della montagna, sia essa nel campo dell’alpinismo, dello sci-alpinismo, dell’arrampicata pura o dell’escursionismo. Forse non tutti sono al corrente delle tendenze che si stanno sviluppando nelle società moderne, ossessionate dalla ricerca della sicurezza al punto da divenirne schiave. Dovrò dunque anzitutto cercare di esporre brevemente come il problema si pone, per passare poi a chiedere la vostra opinione su vari interrogativi che la situazione suscita. Questo perché da un lato il CAI deve poter valutare l’opinione dei suoi iscritti, dall’altro deve prepararsi a esporre gli argomenti adatti a convincervi della necessità di agire e forse a proporre modifiche del sistema giuridico vigente.

Le società più sviluppate sono sempre più lontane dal rapporto con la natura, che implica non solo piaceri, ma anche sofferenze, fatiche e rischi; tendono quindi ad allontanarli da sé, con un ossessivo ricorso a principi di sicurezza. In esse pullulano così gli “esperti di sicurezza”, che fanno leva sulle loro paure, qualche volta a vantaggio della propria visibilità e dei propri interessi. La stampa dedica particolare attenzione agli incidenti che accadono nel corso di attività alpinistiche, con valutazioni spesso superficiali e toni critici che hanno una certa presa sull’uomo della strada e anche sull’opinione di molti amanti della montagna; persino di qualche alpinista un po’ distratto. È così che, a livello parlamentare, regionale o di autorità locali, può nascere la tentazione di ridurre la libertà di azione nel campo dell’alpinismo. Accrescere la propria visibilità in campo politico e ridurre i fastidi sono le motivazioni più ovvie di queste tentazioni, che hanno facile presa sull’opinione pubblica; meno evidenti, ma spesso presenti, ci sono inoltre anche motivazioni economiche.

Prima di dare qualche esempio di misure restrittive introdotte o tentate, desidero invitarvi a riflettere sugli aspetti etici del problema della libertà: da grandi saggi del pensiero liberale come John Stuart Mill a filosofi come Bertrand Russel, viene l’invito a considerare che esistono diritti essenziali che ci appartengono, non in quanto membri di una comunità politica, ma in quanto esseri umani, e che uno degli aspetti fondamentali e della vita civile deve essere la libertà di agire secondo le proprie opinioni, purché lo si faccia a proprio rischio e pericolo.

Le misure restrittive prese, o proposte, fino a oggi riguardano soprattutto il campo dello sci-alpinismo; questo perché il tema della “valanga assassina” attira morbosamente i lettori dei giornali. Il nostro codice penale considera che una valanga può distaccarsi per caso fortuito oppure per colpa o dolo. Purtroppo la tendenza degli ultimi anni è stata nel senso di adottare l’interpretazione più severa delle leggi. Così è recentemente accaduto che due studenti tedeschi che a Livigno avevano provocato una valanga, senza conseguenze, sono stati arrestati. In Piemonte un escursionista che aveva causato una valanga da cui era stato travolto ha ricevuto un avviso di garanzia. In Valtellina una guida che aveva causato una valanga è stato condannata a una pena detentiva. Si noti che in Austria e in Svizzera la legislazione, o la sua interpretazione, è molto più equilibrata.

Altro esempio: la legge 363 del 2003 sugli sport invernali impone l’uso di sistemi elettronici di ricerca per chi si muove fuori pista nelle aree attrezzate per facilitare la ricerca. Ma in Piemonte una legge regionale del 2009 prevede l’estensione dell’obbligo dell’ARTVA (Apparecchio Ricerca Travolti da Valanga) - oltre che di pale e sonda - anche per aree non controllate di qualsiasi pendenza. Di conseguenza si è dato il caso di sanzioni anche per gente che si muoveva su neve senza ARTVA in zone a pendenza praticamente zero. Fortunatamente la legge è per il momento sospesa, in attesa di revisioni; le proteste hanno avuto effetto.

Per quanto riguarda i vincoli all’arrampicata e all’alpinismo su roccia e ghiaccio, si tratta per ora soprattutto di vincoli posti dai sindaci all’uso di palestre di roccia (al di là delle restrizioni per motivi ecologici); questo deriva un po’ dal desiderio di evitare fastidi e un po’ dall’ottica di far mercato della montagna. Però non ci si illuda: cito la Legge della Provincia di Trento 2002, N. 7 che dichiara assoggettabili a controllo e manutenzione anche le “vie alpinistiche”, definite come “itinerari che possono richiedere una progressione in arrampicata, segnalate anche soltanto da tracce di passaggio”. Non è azzardato prevedere una tendenza a porre vincoli alla libertà di accesso a questi “percorsi”. Bisogna rendersi conto che il problema è internazionale, e la tendenza a porre vincoli alle attività alpinistiche si sta estendendo; per questo in Francia è nato un osservatorio per le libertà e si propone di estenderlo a livello internazionale.

Non fatevi ingannare dalla poca rilevanza degli esempi sopra riportati: quello che preoccupa è il pullulare di iniziative liberticide, per ora in buona parte rientrate. Esso indica chiaramente quella che è la tendenza delle società moderne, ossessionate dal desiderio di sicurezza. Penso ad alcuni aspetti di un vasto progetto di legge (sulle professioni...) di cui si è occupata il ministro per il Turismo Michela Vittoria Brambilla, fortunatamente dormiente in qualche cassetto del Ministero. Penso all’iniziativa della giunta di un’importante località turistica delle Dolomiti, che aveva proposto di fare un elenco delle gite sci-alpinistiche autorizzate, proposta rientrata per la reazione delle guide locali. Penso al provvedimento, rientrato, del sindaco di Livigno che proibiva le gite sci-alpinistiche senza accompagnamento di guide.

C’è poi la trappola in cui non bisogna cadere, cioè farsi influenzare da ragionamenti apparentemente sensati. Per esempio, il costo degli incidenti per il servizio sanitario nazionale; questo ragionamento spinse l’URSS a concedere l’attività alpinistica solo a chi era fornito di un apposito tesserino, visto che doveva contribuire alla gloria della Patria. Si noti che questo vincolo esiste ancora, per lo meno ufficialmente, in Russia e in Azerbaijan. Vogliamo essere “sovietizzati”? Ci rendiamo conto che i costi derivanti dagli incidenti in montagna o in parete sono una frazione infinitesima di quelli provocati da tante altre forme di libertà, quali il fumare e il bere, la vita sedentaria, i viaggi in auto durante il fine settimana, e anche molto inferiori a quelli derivanti dal ciclismo e dallo sci da pista?

Altro argomento usato frequentemente dalla stampa, che fa presa sul pubblico, è quello dei rischi corsi dagli operatori del soccorso alpino. In realtà, da quando esiste l’alpinismo (e questo lo dovrebbe sapere anche l’uomo della strada), sono gli stessi alpinisti che, per loro consolidata natura solidale, hanno fornito l’opera di soccorso, sia in veste di professionisti che da volontari.

Ho accennato brevemente ai rischi che corre la libertà. Bisogna reagire, anche se molti dei tentativi sono stati già rintuzzati. Le associazioni alpinistiche francesi lo hanno ben compreso, proponendo la creazione di un osservatorio, cioè una rete di persone che si preparano a rintuzzare le insidie alla libertà, e la sua estensione a livello internazionale. Vi invito, alpinisti e amanti della montagna, a informarvi sugli argomenti a cui ho brevemente accennato e a fornire elementi essenziali per la valutazione della vostra opinione e delle informazioni che debbono essere fornite alla più generale opinione pubblica.

Per concludere, tramite questo sondaggio cerco di migliorare le mie conoscenze sulle opinioni degli alpinisti e degli amanti della montagna sui problemi che questa tendenza solleva. Vi prego di farmi conoscere il vostro parere.

Alessandro Gogna

articolo pubblicato ne “Lo Scarpone” Settembre 2011, pag. 29

IL QUESTIONARIO PUÒ ESSERE SCARICATO AL SEGUENTE INDIRIZZO:
http://www.edizionimelograno.com/hig...onario_def.zip
Va rispedito compilato a:
info@alessandrogogna.com
oppure inviato per posta al seguente indirizzo:
Alessandro Gogna, via Morimondo 26, 20143 Milano

mercoledì 10 agosto 2011

Romance in Bern

Due immagini scattate a 24 ore di distanza dalla finestra del mio ufficio. La prima è "antichizzata", ma l'arcobaleno non è un effetto speciale.




martedì 9 agosto 2011

Fabrikk!

Loro si definiscono un Gassenschau, che letteralmente vorrebbe dire "spettacolo di strada", ma sarebbe una definizione davvero molto riduttiva.


Cominciamo dall'ambientazione: un grande areale industriale abbandonato, trasformato in un teatro all'aperto contornato da due bar e 3 ristoranti con ottima cucina casalinga.
Passiamo poi alla storia, in breve: una piccola tradizionale fabbrica di cioccolato si ritrova a fronteggiare con difficoltà i mercati emergenti dell'Oriente.
E finiamo con la parte più importante, che tipo di spettacolo è: indefinibile.

È una rappresentazione teatrale, in un atto unico, ma ha diverse parti cantate e ballate, che a tratti la potrebbero far assomigliare a un musical. Tutto l'accompagnamento è suonato dal vivo, fin dall'introduzione, quando una piattaforma con i quattro componenti della piccola band, sospesa per aria plana sopra l'enorme palco, fino a sparire dietro le quinte.

Gli attori sono anche un po' cantanti e un po' acrobati, le parti parlate sono per la maggior parte in dialetto svizzero, ma diversi dialoghi sono in italiano, cinese, inglese e in buon tedesco, seguendo le origini degli impiegati della fabbrica di cioccolato e dei nuovi clienti.

La scenografia è dinamica ed è protagonista non meno degli attori e della musica, un po' si ride e un po' ci si commuove fino al finale che lascia letteralmente a bocca aperta per un tempo che sinceramente faccio fatica a ricordare. Quindici minuti, forse venti, di un crescendo grandioso che ti fa tornare bambino per come riempie gli occhi di meraviglia. Tutto si trasforma a due passi da te per diventare altro in una maniera che sembrava impossibile anche soltanto immaginare fino a poco prima. E non c'è trucco, non c'è illusione, non c'è nessun effetto speciale: gli uomini volano per davvero, i cavi si spezzano e scintillano, dal pavimento emergono...

... è teatro, con una buona dose di ingegno e di fantasia.

Se capitate dalle parti di Zurigo, da qui a ottobre, oppure l'estate prossima (vista la complessità dell'allestimento va in scena per due estati di fila), masticate un minimo di tedesco (basta davvero poco) e riuscite a trovare un biglietto (questa è forse la parte più difficile, almeno per quest'anno), vi consiglio proprio di non lasciarvelo scappare!
Qui il sito internet dedicato.

giovedì 4 agosto 2011

Primavera e estate

L'Altels, con i suoi 3629 m, si alza sopra il vasto pianoro dello Spittelmatte per poco più di 1700 m di dislivello come un perfetto piano inclinato con una pendenza quasi costante trai 35 e i 40 gradi.
È una delle montagne più amate e ambite dagli scialpinisti.
Quando siamo andati per salirlo (e soprattutto scenderlo!) in primavera, le condizioni della parte alta purtroppo non erano delle migliori.


Abbiamo deciso di raggiungere lo Spittelmatte partendo da Engstligenalp, una bellissima conca cui si accede comodamente in funivia da Adelboden. Dopo aver valicato la Engstligengrat e disceso un divertente canale, abbiamo guadagnato il piccolo bacino di Tschalmeten per poi scendere verso l'hotel Schwarenbach, costruito alla fine del '700 lungo quella che era la via di comunicazione più breve e frequentata, d'estate, tra il Canton Berna e il Vallese.

Nonostante le recenti nevicate di quel periodo, la neve, come quasi sempre accade, non aveva aderito al grande triangolo che forma la vetta. Dopo una notte serena e fresca bivaccando all'aperto e dopo aver scartato l'alternativa di salire l'adiacente Balmhorn (che con il Rinderhorn e l'Altels costituisce il grandioso trittico delle Alpi Bernesi Occidentali), siamo partiti lo stesso per l'Altels, sebbene un po' scettici. Sulla via di salita abbiamo incontrato una ventina di altri scialpinisti; tra questi, una ragazza, a causa di una pelle di foca dalla colla ormai esaurita, ha perso uno sci e scivolando ha percorso quasi metà parete fermandosi poi fortunosamente sulla conca che precede l'ultimo salto roccioso.


Eravamo quelli più in basso sull'itinerario in quel momento e nessun altro accennava a muoversi per vedere come stesse la ragazza. Così, dopo qualche minuto attendendo che la sua compagna di avventura si rendesse conto dell'accaduto, preso atto che in realtà questa stava tranquillamente procedendo verso la vetta, in condizioni di equilibrio non esattamente ottimale mi sono preparato per il recupero dello sci perduto e della ragazza ai piedi della parete.
Una volta ultimato il recupero e incassato un più che striminzito "merci" dalla simpatica e preparata alpinista svizzera, attardato rispetto ai miei compagni che si trovavano circa 300 metri di dislivello sopra di me, mi sono prodotto in una grande rincorsa per raggiungerli che mi ha lasciato decisamente provato.
Guadagnata faticosamente la spalla dell'Altels e osservati da vicino con delusione gli ultimi 200 metri di dislivello, ci siamo preparati per la discesa.
1300 metri di neve perfetta, liscia e dura ma con ottimo grip su un piano inclinato a più di 35 gradi di pendenza pressoché costante, largo più o meno 300 metri. Totale soste: due; tutto il resto mollando gli sci e pennellando curvoni.

Molto bello ma... non è un po' tardino per scrivere di queste cose in agosto?
Beh, ovviamente sì ma giusto lo scorso finesettimana sono stato a fare un trekking da quelle parti e al termine del luglio più freddo e nevoso degli ultimi 10 anni, mi sono ritrovato ad ammirare la parte sommitale dell'Altels, avvolta di un bianco che così bianco lassù non l'avevo mai visto. Condizioni quasi perfette per portare a termine quanto lasciato in sospeso quasi 4 mesi prima.


La tentazione di correre a casa, rispolverare l'attrezzatura e partire non è mancata, ma poi un ginocchio ballerino e i 1400 metri da fare, in salita e in discesa, quasi interamente su pietraia con tanto di sci nello zaino, mi hanno fatto rapidamente scendere a più miti consigli.


Peccato, sarebbe stata una bella e insolita avventura...

Ecco qui una galleria con qualche foto dell'avventura primaverile e del trekking del primo di agosto...

martedì 2 agosto 2011

Ferro e fuoco

La città era avvolta da una sottile nebbia accesa di rosa dai primi raggi di sole. Solo in pochi si aggiravano sulle strade ricoperte da resti di esplosivi, ancora storditi dal frastuono della notte e dall'odore acre della polvere da sparo e della carne bruciata.

Sono le 7 del mattino del 2 di agosto, a Berna.
Il primo di agosto è la Festa Nazionale Svizzera, che significa, per ogni svizzero, barbecue e fuochi d'artificio.
La città a ferro e fuoco.
Durante la breve estate bernese, sui piccoli e grandi prati che costeggiano la riva del fiume, si assembrano ogni sabato e domenica pomeriggio decine di gruppi di giovani e meno giovani e, ciascuno col proprio grill, cominciano ad abbrustolire ali di pollo, bistecchine e soprattutto bratwurst, mentre i più temerari si fanno trasportare dalle fresche acque dell'Aare.
Ma ieri c'era qualcosa in più.
Da più di una settimana erano comparsi improvvisamente in giro per la città baracchini di varia foggia e dimensione, stipati di fuochi d'artificio.
A quanto pare, in Svizzera il primo d'agosto non è il primo d'agosto se non hai sparato qualche fuoco. In questo senso è il loro Capodanno, visto che a Capodanno troppo spesso fa troppo freddo per piazzarsi all'aperto e accendere miccette.
Le 22.30 del primo di agosto sono l'equivalente svizzero della mezzanotte di San Silvestro napoletana. È il momento in cui comincia la festa anche se già dal pomeriggio in pochi si fanno mancare petardi e bengala.
E infatti giù al fiume verso le sette e mezza, tra barbecue e polvere da sparo, il fumo aveva già avvolto i festanti rendendo l'aria densa e acre.

Intorno alle 22, per attraversare in bicicletta il ponte di Kurnhaus bisogna fare lo slalom fra le fontanelle e schivare il lancio di miniciccioli e petardi. Alle 22.30 scattano i fuochi ufficiali organizzati dalla città e dai quartieri. Ma soprattutto è il momento in cui tutti danno fuoco alle armi: tutti, dai 3 ai 103 anni, devono necessariamente far bruciare, saltare, fischiare, brillare o scoppiare qualcosa.
A Grosse Schanze, la grande terrazza sopra la stazione, lo spettro piromane era dei più ampi: adolescenti evidentemente eccitati dai loro potenti e ciechi scoppi, giovani genitori che insegnavano ai figli come accendere le loro prime fontanelle, naturalmente tenendo per sé il lancio dei più adulti bengala, coppie di anziani che con attenzione davano fuoco a micce e stelline.

Stamattina il cielo era sereno, l'aria fresca ma ferma, senza nemmeno una piccola brezza mattutina ad agitarla. Il fumo dei barbecue e dei fuochi d'artificio ristagnava ancora, precipitato verso la città bassa, verso il fiume, mischiato a una sottile umida foschia. Il sole entrando di traverso nelle anse dell'Aare accendeva di una luce diffusa ancora per qualche minuto le polveri della notte, mentre la città si svegliava un po' più lentamente del solito e dal ponte di Kurnhaus il Berner Oberland, come ogni giorno senza nuvole, chiudeva l'orizzonte verso sud.

mercoledì 27 luglio 2011

Step by step

Panini ai 5 cereali (frumento, farro, mais, segale e riso).
Nell'ordine: pasta madre, panini pronti per la lievitazione, panini lievitati, panini appena sfornati.




Lievitazione naturale II

In marzo avevo accennato alla produzione casalinga di lievito madre. Si trovano vari tipi di indicazioni in rete su come prepararlo ma, visto che mi è venuto bene, vi racconto come lo faccio io.

La pasta (o lievito) madre si prepara a partire semplicemente da acqua e farina. I batteri responsabili della lievitazione sono già naturalmente presenti nell'acqua e nella farina stesse, oltre che nell'aria, e un ambiente umido non fa altro che favorire la loro proliferazione.

Basta dunque prendere un barattolo abbastanza grande e ampio dove mescolare farina e acqua fino ad ottenere una pastella dalla consistenza semiliquida, diciamo come quella di uno yogurt da bere.
Mescolare farine di tipo differente favorisce lo sviluppo dei batteri in quanto arricchisce la variabilità degli stessi. È importante che almeno la metà della farina sia integrale, altrimenti la pasta risulterà troppo acida.
Io mi affido solo a farine biologiche, perché le ritengo più ricche di sostanze nutritive e, in qualche modo, di vitalità. Faccio un mix di farina di frumento, farro, riso, mais, segale e grano saraceno, sempre per più della metà integrali.

Mi permetto di editare questo post dopo diversi mesi di esperienza quotidiana. La farina di mais e quella di grano saraceno non le ho trovate così ideali. Il mix migliore mi pare ad oggi alternare farina semiintegrale e una miscela di 95% di farina bianca e 5% di farina di segale, a volte chiamata farina rustica. Qualche volta quella di farro e riso e più raramente quella di mais. Grano saraceno la evito, ho l'impressione che la pasta diventi troppo acida.

Una volta ottenuto l'impasto semiliquido lo si lascia riposare nel barattolo coperto da un panno di stoffa o di carta e dal suo tappo semplicemente appoggiato sopra, meglio se capovolto; questo infatti non ha lo scopo di chiudere il barattolo ma solo di tenere fermo il panno. È importante riporre l'impasto in un luogo non freddo e al riparo da correnti d'aria.
Io lo lascio nel forno, naturalmente spento. Se mi dovesse servire aspetto che sia tornato a temperatura ambiente prima di riporvi nuovamente la pasta madre.
Per favorire l'iniziale sviluppo dei batteri, può essere d'aiuto un cucchiaino di malto di riso o di orzo, grazie alla presenza di zuccheri semplici al suo interno. Anche in questo caso preferisco usare un prodotto biologico.
È importante non utilizzare strumenti di metallo nella lavorazione della pasta acida.

Già dopo una giornata si dovrebbero cominciare a vedere delle piccole bollicine in superficie, e l'impasto comincia a gonfiarsi, come si può notare nella foto qui sotto.


Dopo due o, più probabilmente, tre giorni l'impasto dovrebbe aver assunto una certa dinamicità, essere ricco di bolle d'aria e avere nuovamente ridotto il suo volume. Dovrebbe anche avere un caratteristico odore acido ma non sgradevole.


A questo punto è pronto per essere utilizzato. La lievitazione naturale è più lenta di quella con i lieviti in polvere o in dadi che si trovano in commercio e richiede circa 8 ore per raddoppiare di volume.

Si può sempre prelevare una metà della pasta madre e poi aggiungere farina e acqua all'impasto originale per ripristinare la parte prelevata. Il processo di produzione delle bollicine all'interno del barattolo riprenderà rapidamente e avrà un massimo dopo circa 8 ore, quando la pasta madre sarà grosso modo raddoppiata di volume per poi sgonfiarsi leggermente, rimanendo pur decisamente attiva. In questo modo il lievito resta vivo con continuità per tutto il tempo in cui verrà utilizzato: può durare mesi o anni.

Altra correzione: dopo alcune settimane di utilizzo e in dipendenza probabilmente dalla ricchezza delle farine e dell'ambiente, la pasta madre si rinforza notevolmente e il suo ciclo tipico si accorcia: da 8 ore, il tempo per ottenere l'attività massima si può ridurre fino a 3 ore. In questo momento la mia pasta madre è così attiva che ogni volta che la rinnovo la ripongo in frigo per rallentarne la crescita.

Ogni lievito madre avrà una consistenza e una forza leggermente diversa, quindi consiglio di fare alcuni esperimenti per vedere quanto ne sarà necessario per preparare i nostri impasti preferiti. Io ne uso circa 1 cucchiaio grande ogni 100 grammi di farina.

All'inizio consiglio di ripetere il rinnovo della pasta madre ogni giorno per almeno 3 o 4 giorni, al mattino e alla sera, in modo da rinforzare decisamente la colonia batterica. Per rinnovarla basta toglierne una metà, che possiamo utilizzare oppure semplicemente buttare via, e poi ripristinare la parte tolta sempre con acqua e farina, mescolare bene e lasciare riposare come descritto sopra.

Dopo questa prima fase, si può conservare la pasta madre in frigo per qualche giorno. Consiglio di non lasciarla al suo destino per più di 4 o 5 giorni se possibile, una settimana al massimo, ma di rinfrescarla periodicamente per evitare che diventi troppo acida.
Per rinfrescarla basta toglierla dal frigo per un paio d'ore, gettarne una metà e rinnovarla col solito procedimento. Dopo averla lasciata riposare per circa 8 ore dovrebbe presentarsi nuovamente attiva (bollicine e gonfiore) e se ne può utilizzare la metà oppure riporla in frigo se non si ha voglia o tempo di preparare e cuocere un impasto.

Correzione: una volta che la pasta è sufficientemente attiva, conviene rinfrescarla e porla immediatamente in frigo. Sostanzialmente rinfrescando la pasta madre diamo nuovo mangime ai batteri, che si riproducono fino a consumare le risorse. Mettendo la pasta in frigo, riduciamo la velocità di riproduzione e possiamo così mantenere il lievito per più giorni.

Se l'abbiamo utilizzata dopo il rinfresco, non bisogna dimenticare di rinnovarla e lasciarla riposare le solite 8 ore circa prima di rimetterla in frigo.

Correzione: l'esperienza mi ha suggerito che questo passaggio è errato. Conviene metterla direttamente in frigo. 

Se per qualche ragione la si lascia in frigo per un tempo più lungo, potrebbe diventare molto acida e assumere una colorazione scura poco invitante.
In questo caso basta gettarne una buona parte, circa tre quarti, e poi rinfrescarla, lasciarla riposare per un paio di giorni, e poi rinnovarla ancora un paio di volte al giorno per i successivi due giorni, in modo che riprenda i classici odore e colore non sgradevoli.
Più la si lascia in frigo, e più tempo sarà necessario per riottenere una buona pasta madre ma, anche quando è molto acida, nei primi giorni dopo un lungo periodo in frigorifero, può comunque essere utilizzata, ricordando che otteremo naturalmente impasti dal sapore leggermente più acido e probabilmente un po' meno lievitati.
È buona norma lavare il barattolo ogni due mesi circa. Per farlo non serve usare sapone, basta mettere momentaneamente la pasta madre in un altro contenitore, riempire il barattolo con acqua calda, aspettare una mezz'oretta e poi ripulire facilmente con una spugnetta o una spazzola.

Aggiunta: Se si "dimentica" la pasta madre in frigo per molto tempo, può sviluppare un colorino rosato. In questo caso credo sia dovuto a dei funghi che sono riusciti a svilupparsi nella coltura batterica. Non sono riuscito a debellare il colore rosa, e ho dovuto buttare via la pasta madre e rifarla da zero.

Tutti questi processi sono più semplici a farsi che a dirsi: una volta preso il ritmo, non è difficile "curare" la pasta madre, senza dimenticare che si tratta di una cosa viva, e come tale va trattata con un minimo di rispetto.
Il pane, la pizza, la focaccia e i dolci vengono davvero buoni e mantengono le loro caratteristiche di fragranza e morbidezza per molti giorni. Anzi, col passare dei giorni spesso migliorano!

Ci sono alcune domande che mi sono state fatte diverse volte, parlando di pasta madre.

È possibile che si sviluppino batteri "cattivi" e muffe all'interno della pasta madre? 
È molto improbabile, perché l'ambiente acido seleziona i batteri specifici per la lievitazione. D'altra parte esistono paste madri portate avanti per decenni senza sviluppare alcuna muffa o causare infezioni in chi la utilizza.

Aggiunta: come dimostrato da quanto aggiunto poco sopra, questo vale se si dedica un minimo di cura alla pasta madre.

Posso aggiungere un po' di lievito comprato per "dare una mano" all'inizio della produzione?
No. O meglio, si può anche fare ma si otterrà un prodotto diverso: la pasta madre si differenzia dal lievito che si trova in commercio proprio per la qualità dei batteri che producono la lievitazione. Si tratta di microorganismi diversi, che per questo favoriscono una fermentazione diversa che dà al pane e agli altri prodotti quella caratteristica consistenza, fragranza e durata che altri tipi di lievitazione non possono garantire.
Quindi non ha senso aggiungere il lievito comprato alla pasta madre, perché non si otterrà più un lievito madre ma una normale coltura di lieviti o, alla meglio, una produzione mista, in cui tuttavia il lievito commerciale, essendo molto più rapido nel processo di fermentazione, la farà sempre da padrone.
Stessa risposta e stesse motivazioni per chi avesse la tentazione di aggiungere alla pasta madre della birra, il che potrebbe sembrare a prima vista una buona idea, visto che la birra contiene gas, lieviti e malto.

Posso usare del miele o dello zucchero al posto del malto all'inizio della produzione?
Innanzitutto se la farina è di buona qualità e la temperatura ambiente non troppo bassa non dovrebbe essere necessario aggiungere nulla all'impasto di acqua e farina. In ogni caso, io sconsiglio di usare ingredienti diversi dal malto perché sono o troppo raffinati (zucchero) o troppo ricchi di sostanze differenti (miele) e non mi è chiaro come queste si possano sposare con i batteri della pasta madre.

Bene, non resta che cominciare a sporcarsi le mani!

Se Maometto non va alla montagna...

...la montagna va a Maometto, giusto?
Avevo voglia di focaccia, quella vera. Leggi una ricetta, adattala un po' alla tua maniera di fare le cose e...


È un po' troppo cotta, e quindi un po' troppo croccante, ma in centro, dove è un pochino più spessa, è quasi perfetta. Per essere un primo tentativo sono abbastanza soddisfatto :)

martedì 26 aprile 2011

Numeri di un viaggio

8 giorni in Norvegia: due di viaggio, uno di turismo glaciale, 5 di scialpinismo, 7 vette, 6300 metri di dislivello, 2000 Km in macchina, 11 amici, qualche vichingo, 13 Kg di patate, una mezza dozzina di Compeed, urli vichinghi q.b.
ROAARRR!

sabato 9 aprile 2011

Sveglia fra quattro ore...

...per rincorrere un piccolo sogno che fra trentasei ore potrebbe diventare realtà...


Altels, 3629 m, 1600 m di dislivello fra 35 e 40 gradi.
Forse la montagna più bella delle Alpi per gli scialpinisti.

martedì 5 aprile 2011

Panorami un po' più dinamici

E con un po' di tempo a disposizione, ecco che si può dare un po' di dinamismo a un'opera che mi aveva richiesto un certo impegno.

Un click e... buona immersione!

Albristhorn, 2/4/2011


L'Albristhorn si trova alla testata della Färmeltal, un valloncello laterale alla Simmental. È una di quelle montagne che sembrano fatte apposta per gli scialpinisti. 1100 metri di dislivello proprio a portata di mano, direttamente dal parcheggio della macchina, una forma conoidale quasi vulcanica, incisa da diverse vallette, un passaggio ripido sul colle e una comoda ed ampia cresta finale.

Partenza alle 7 dall'auto, sci ai piedi, parte bassa su neve dura dopo ottimo rigelo notturno e parte alta incredibilmente in polvere, dopo una parte centrale con un po' di crosta morbida ma sciabilissima. Il panorama, come sempre sulle vette di queste valli dell'Oberland, è grandioso e spazza dalle Prealpi Bernesi al Giura, dalle Alpi Friborghesi e Vodesi fino ai colossi dell'Oberland, con sullo sfondo alcuni 4000 del Vallese e il Monte Bianco.

Qua trovate la consueta galleria, ma questa volta ho preparato anche una sorpresa panoramica, purtroppo in Flash, quindi non visibile su iPad/iPhone, ma ci sto lavorando.

Infine il link alla traccia GPS, con una piccola risalita dovuta alla perdita accidentale di un bastoncino che mi è toccato andare a riprendere...

Albristhorn at EveryTrail


PS La "sorpresa" è stata creata con Pano2VR, che in licenza gratuita inserisce quelle simpatiche scrittine. Non è che ancora padroneggi perfettamente le sue funzionalità e per di più alcune volte va in crash, però non è male :)

giovedì 17 marzo 2011

Lievitazione naturale (Rigurgiti II)

Lunedì sera, preparo la pasta da fare inacidire: riso integrale stracotto e filtrato e farina bianca di frumento.

Mercoledì sera, era già tutto uno schiumare di bollicine. Con farina bianca di frumento, farina integrale di frumento e farina integrale di riso, la ravvivo e ne metto da parte una metà; col resto preparo una bella pagnotta e la metto a riposare coperta nel forno (spento, ma con luce accesa) per l'infornata mattutina.

Giovedì mattina, la pasta madre nel suo barattolo sembra attiva più che mai; la pagnotta nel forno è triplicata di volume e quasi straborda dalla sua ciotola! Tocca reimpastare e attendere la prossima lievitazione...

Da dove viene tutta questa attività? Sarà l'acqua dell'Aare? Sarà il riso integrale biellese? Sarà l'aria svizzera?
Mah...

Centocinquanta (Rigurgiti I)

Nonostante tutti gli acciacchi che ti porti dietro e nonostante che a noi che non ti vediamo ogni giorno ogni volta sembri di vederne uno nuovo, non possiamo smettere di chiamarti "casa", nella speranza che le tue fondamenta e le tue mura siano più forti di chi cerca di abbatterle e dividerle. Buon compleanno e forza, Italia!

giovedì 10 marzo 2011

5 - 6 marzo 2011, 2 giorni sotto l'Aletsch


Osvaldo, Mattia e Fabio ci tenevano particolarmente a vedere Konkordiaplatz, il grande pianoro glaciale dove confluiscono quattro enormi lingue di ghiaccio per alimentare il ghiacciaio più lungo delle Alpi, il Grosser Aletschgletscher.
Gli Svizzeri l'hanno battezzata così per sottolineare come quella sia la loro Place de la Concorde, solo più grande, parecchio più grande, e più bianca, parecchio più bianca.
Il modo più comodo (ma sicuramente non il più economico!) per accedervi è attraverso la Jungfraubahn, che da Grindelwald o Wengen, con un tunnel scavato dentro l'Eiger ed il Mönch, porta fino allo Jungfraujoch, a oltre 3400 metri di altitutdine, tra il Mönch e la Jungfrau.
È una meta turistica per eccellenza, e in questa stagione gli alpinisti scarseggiano e sono clamorosamente sovrastati in numero dai giapponesi armati di sorrisi e macchine fotografiche. Vestiti, imbracati, con corde, piccozze e quant'altra ferraglia necessaria, ci sentiamo un po' come le scimmie allo zoo, con i giapponesi che fanno a gara per farsi foto con noi... mah...
La discesa verso Konkordiaplatz è facile e suggestiva, l'ambiente à veramente mozzafiato, impagabile, forse uno dei più bei posti d'Europa. Arrivati a Konkordiaplatz comincia la lunga ma facile risalita verso il Lötschenlücke e la Hollandiahütte, 7 Km e 500 metri di dislivello più a ovest.
La scarsa abitudine alla quota e all'ambiente, condita con poca attenzione all'alimentazione, possono giocare brutti scherzi, soprattutto a chi nelle vene ha sangue puramente mediterraneo.
Tuttavia, una salita conquistata spostando metro dopo metro il limite delle proprie forze un po' più in là, vale ancora di più. E così, poco prima del tramonto, giungiamo al lussuoso bivacco invernale dell'Hollandiahütte.
La mattina dopo, io e Fabio abbiamo ancora un po' di energie da spendere per salire fino alla base del pendio sommitale dell'Äbeni Flue, 700 metri e ancora diversi chilometri più a nord. Ambiente ancora una volta impagabile, guastato solo dai simpaticoni che si fanno portare su con l'elicottero per gustarsi belli riposati la discesa polverosa. Facile così! La vetta la lasciamo per un'altra volta, il pendio è in parte ghiacciato e in parte ricoperto da un sottile strato di neve dura.
Passiamo all'Hollandiahütte a recuperare Osvaldo e Mattia e ci prepariamo per gli entusiasmanti 1700 metri di discesa verso Blatten in polvere a tratti un po' pesante, a tratti ricoperta da una morbida crosta, tutti visibili dal punto di partenza. Dopo un ristoratore pranzo proprio sotto la bocca del Langgletscher, affrontiamo rapidamente gli ultimi chilometri in leggera discesa fino a congiungerci con l'affollata pista da fondo che porta in paese. E alle 15.28 siamo puntuali sulla nostra autopostale.

Solita galleria fotografica.

E tracce GPS (purtroppo manca la traccia di discesa dal Lötschenlücke a Blatten, si era scaricato il GPS...)

Hollandiahütte at EveryTrail


Äbeniflue at EveryTrail

giovedì 3 marzo 2011

Panorami

Ultimo post di giornata, per segnalarvi l'ultima galleria.
Ho recentemente scoperto le favolose potenzialità di Hugin, software open source e cross platform (disponibile cioè per Windows, Mac e Linux) per creare foto panoramiche. Beh, funziona veramente a meraviglia. Il processo è quasi del tutto automatico e le impostazioni di base già danno risultati sorprendenti.

Quindi ho preso l'abitudine di fare una foto panoramica quando mi pare che ne valga la pena, e ho deciso di mettere le meglio riuscite in questa galleria, che aggiornerò più o meno frequentemente. Se proprio volete, potete addirittura abbonarvi al feed RSS e ricevere automaticamente una notifica quando un nuovo panorama sarà disponibile.
Tutte le foto sono scaricabili a piena risoluzione, e vi consiglio di farlo, se volete godervele per davvero.

Per concludere la nota tecnica, per l'etichettatura ho usato lo splendido Sketch per Mac.
Ora vado a cena.

PS No, non ci sono SOLO panorami di montagne!

Montagne a 360 gradi

Qualche finesettimana fa, ho fatto un giro nella Lämmerental, un posto incantato incastonato tra Leukerbad, Kandersteg, Adelboden e Lenk, con sterminate possibilità per lo scialpinismo e ben 3 rifugi di comodissimo accesso.


Non sto qui ora a descrivere le gite che abbiamo fatto, anche perché è già passato un po' di tempo, ma lascerò piuttosto parlare le immagini, tramite l'ormai consueta galleria fotografica.
Soprattutto spero che apprezzerete una panoramica a 360 gradi che ho composto dalla vetta del Wildstrubel, e che ho pazientemente etichettato, grazie al sempre ottimo MapPlus e all'altrettanto favoloso PeakFinder. Come di tutte le altre foto, anche di questa è scaricabile la versione a piena risoluzione, indispensabile per poter goderne appieno.

Homad, 1/3/2011

Il weekend è stato nevoso, e già dal lunedì mattina mordevo il freno.
D'altra parte la settimana lavorativa sembra impegnativa; dunque, come conciliare la cronica pigrizia e l'impegno con il desiderio di sfogare un po' la gamba impigrita?


Prima di tutto la scelta della meta, la piu' vicina possibile: bassa Diemtigtal.
La Diemtigtal è una delle prime valli dell'Oberland Bernese, che dalle sponde del Thunersee si stacca dalla Simmental per incunearsi fra quest'ultima la Entschligetal, grosso modo in direzione sud-ovest. In alta Simmental sorge la località sciistica di Lenk, mentre in alta Entschligetal la più nota Adelboden. Le due località sono collegate sci ai piedi, scavalando di fatto la Diemtigtal oltre la sua testata.
La meno conosciuta (agli sciatori da pista) Diemtigtal rappresenta un piccolo paradiso, del quale già negli anni '40 si diceva che fosse uno dei pochi posti dove ancora lo sci aveva conservato la sua vera natura. E posso dire che queste parole valgono ancora oggi.
Ci sono due piccole stazioni sciistiche, Wiriehorn (che prende il nome dall'omonima vetta che sovrasta gli impianti), nella parte bassa della valle e Grimmialp, appena sotto la testata della stessa, ciascuna con 3 o 4 impianti in totale, tutto il resto è vergine ed è un po' il "giardino di casa" degli scialpinisti bernesi (insieme alla zona del Gantrisch).

Visto che i compagni per le levatacce scarseggiano, decido di salire in cima all'Homad, 1869 metri, partendo dal parcheggio degli impianti, più o meno esattamente 900 metri più in basso, risalendo le piste ancora chiuse, per poi affrontare eventualmente la discesa in fuoripista.
La sveglia solitaria alle 5 del mattino è però un osso duro anche per me. Così decido di fare un esperimento: mi inoltro nella valle lunedì sera dopo cena, armato di thermos per colazione e sacco a pelo, parcheggio nel piazzale degli impianti, mi infilo nel caldo sacco REI, comprato a prezzo stracciatissimo in quel di Sacramento (California) e alle 23.30 mi corico sul sedile del passeggero, ribaltato quasi per intero.
Non dormo per niente male, e alle 6:30 sono bello carico per la colazione, un po' di ginnastica e via... Dunque direi, esperimento riuscito!

Il cielo è coperto, ma presumo si tratti della solita nebbia alta, e così parto, fiducioso di "bucare" la nebbia e godermi almeno un'ultima parte di salita al sole.
Vado leggero e di buon passo, lungo la pista rossa, poi devio a destra per la ripidissima pista nera che porta proprio in cima all'Homad (forse il tratto di pista più ripido che abbia mai visto!). Mi sembra di ricordare che una pista più dolce giunga in vetta salendo sul lato sinistro, così attraverso lo skilift, anzi, la svizzerissima ancora, seguendo la pista battuta nella nebbia fino a quando questa non si perde nel whiteout tra la nebbia e il manto nevoso quasi immacolato... evidentemente la pista di sinistra non è battuta, ci sono alcune tracce di discesa ma la neve è profonda e davvero pesante, inoltre dopo pochi passi mi accorgo di qualche rumorino che non mi piace niente...
Ho salito circa 750 metri e decido di fare dietrofront e tornare rapidamente sulla pista riattraversando sui miei passi lo skilift.
Però però... ho intravisto per alcuni momenti il sole sulla vetta dell'Homad e la cosa mi stuzzica: le montagne che si annalzano sopra il mare di nubi o di nebbia sono sempre uno spettacolo mozzafiato.
È già tardino ma mi concedo una chance: 25 minuti e poi torno indietro, vado più forte che posso e se arrivo in cima bene, se no pazienza.
Risultato: 260 metri di dislivello in 23 minuti, arrivo in vetta, sole, mare di nubi, calduccio e panorama.
La giornata comincia proprio bene.
Poi discesa senza sosta in pista fino all'auto. La parte bassa degli impianti è
già aperta e pullula di ragazzini che approfittano delle vacanze invernali a scuola.
Con un bel sorriso stampato sulle labbra monto in macchina e me ne torno a casa a fare una seconda colazione un po' abbondante.

Galleria fotografica

Homad Training at EveryTrail

Chrummfadeflue, 23/02/11


Il vantaggio di vivere a Berna è che in meno di un'ora di macchina puoi trovarti in mezzo all'Oberland.
I mesi di gennaio e febbraio sono stati caldi e secchi, un inverno anomalo, per questo la settimana scorsa, dopo la prima nevicata degna di questo nome da due mesi a questa parte, non mi sono fatto sfuggire l'opportunità di un "matinée in zona Gantrisch.
Il Gantrisch è una montagna di 2175, ben visibile dalla parte est di Berna, dove non è nascosta dal Gurten (una "collinona" proprio sopra la città). Si trova nella regione dello Schwarzenburgerland e fa parte di una delle prime catene di ripiegamenti alpini che si eleva dall'Altopiano grosso modo in direzione est-ovest, a partire dalla sponda settentrionale del Thunersee. Quasi tutte le cime a est e a ovest del Gantrisch sono raggiungibili con gli sci e offrono discese di tutte le difficoltà, anche decisamente impegnative, con un dislivello compreso fra i 700 e i 900 metri.
La regione gode di un microclima abbastanza particolare, decisamente freddo, per cui è facile trovare neve in quantità e qualità migliore rispetto ad altre zone vicine poste alla stessa altitudine.
Tutto questo ne fa una meta ideale per lo scialpinista in crisi di astinenza.

Mercoledì della scorsa settimana abbiamo scelto la Gustispitze del Chrummfadeflue, 2074 metri, appena a est del Gantrisch.
Partenza alle ore 07:10 dall'arrivo dello Skilift Gurnigel, lungo traverso nel bosco e poi salita del versante nordovest.
L'alba sul Bürgle ha sempre il suo fascino, e il panorama dalla vetta è al solito mozzafiato, con l'Oberland che si erge maestosamente sopra la Hochnebel, la nebbia alta, abbastanza tipica in questa stagione da queste parti.
Trenta centimetri di polvere leggera su fondo assente o duro, niente male. Solo 550 metri di dislivello in salita ma circa 800 in discesa, poi con 5 franchi si prende il piccolo skilift che riporta alla macchina. Irrinunciabile una piccola sosta a Riggisberg per prendere al volo un mezzo pollo arrosto da consumare a casa prima di precipitarsi in ufficio.

Da oggi ho deciso di rivitalizzare e dare un senso un po' diverso a questo blog, cercando di mettere i  report di tutte le gite e gitine che farò. Il tutto sarà condito, quando disponibile, da traccia GPS e da una galleria fotografica più o meno ricca a seconda della riuscita della mia vena artistica.
I non drogati di montagna troveranno il tutto un po' noioso, sorry.

La galleria fotografica è reperibile a questo link. Buona visione!

Chrummfadeflue at EveryTrail

giovedì 17 febbraio 2011

Memorabile!

Spero che nessuno si azzardi a dire qualcosa contro quello che ha fatto Benigni stasera.

Perché dimostrerebbe semplicemente la propria (bassissima) caratura morale e intellettuale.

Memorabile! :)

giovedì 3 febbraio 2011

Fuori porta

Si alza sempre lenta come un tempo
l'alba magica in collina,
ma non provo più quando la guardo
quello che provavo prima.
Ladri e profeti di futuro
mi hanno portato via parecchio,
il giorno è sempre un po' più oscuro,
sarà forse perchè è storia,
sarà forse perchè invecchio...