lunedì 22 aprile 2013

Un weekend (quasi) invernale in aprile

Era atteso ed è arrivato, weekend burrascoso con 40 cm di neve nuova, non esattamente invernale a dire il vero...
Ehm...20 aprile o 20 dicembre?
Sabato è finalmente il momento di collaudare gli scietti da gara, quindi si parte per le piste del Diavolezza, visto il meteo ingeneroso il massimo che si possa chiedere.
Ritardo di un'oretta causa rimozione neve indispensabile all'uscita dal garage, e piste chiuse causa visibilità nulla e rischio valanghe.
Spazzaneve, meccanici e umani, al lavoro di buon mattino
Sulla strada del Bernina
Neve bagnata e pesante, per fortuna è passato il gatto a fare una strisciata.
L'inizio è in falsopiano e...gli sci volano! Devo ammettere che la differenza è davvero tanta.
Parlottando saliamo di passo tutto sommato buono, nella nebbia, sotto una copiosa nevicata. Arriva un gatto in discesa e il gattista in maglietta ci avvisa che stanno bonificando tutta l'area e c'è il rischio che le valanghe arrivino fin sulla pista, quindi saliamo ancora un po' e poi facciamo dietro front frai boati. Al secondo giro, un secondo gattista ci consiglia di fermarci ancora un po' più sotto. Totale 800 m di dislivello in due salite.
Le prime curve in discesa con gli sci nuovi sono un trauma. Tutta un'altra faccenda: corti, stretti, nervosi, neve morbidissima anche se schiacciata dal gatto, mi sembra di non riuscire a sciare... e Ursina, che per la prima volta mi vede sugli sci (non da fondo...) mi confessa, confermando le mie sensazioni: "Quando ti ho visto scendere, ho pensato che non fossi capace di sciare..."
Comunque dopo un po' va meglio, ma ci sarà da lavorarci.
Domenica potrebbe essere l'ultimo powder day della stagione, almeno se si vogliono sfruttare gli impianti. Quindi, dopo una serata non propriamente da atleti, alle 9.40 siamo sulla funivia del Corvartsch, con un certo tipico mal di testa. Nevica e si vede poco, tanta neve e abbastanza pesante, la parte in alto è chiusa, ancora per il rischio valanghe.
Attrezzatura freeride, in 24 ore passo dall'avere meno di due kg per gamba ai piedi, ad averne più di 5...
White out sulla seggiovia
Non è che sia proprio il massimo, nel momento di visibilità peggiore ci prendiamo una pausa al bar, poi qualche raggio di luce ci regala una bella discesa, ma verso mezzogiorno, non appena la pendenza sale un pochino, cominciamo a staccare qua e là qualche valanghetta. Ci dichiariamo soddisfatti, tutto sommato anche da questa seconda non idilliaca giornata abbiamo tirato fuori il meglio :)

domenica 21 aprile 2013

Anche questa è Engadina

Svegliarti, guardare fuori dalla finestra e vedere, sorpreso, di nuovo bianco tutto intorno, gli alberi piegati dal peso della neve primaverile, 40 soffici ma densi centimetri da spalare prima di poter uscire, un'ora e mezza dopo, e dopo esserti accorto che le chiavi di casa sono inavvertitamente finite da qualche parte tra la neve ammucchiata e quella già portata via dallo spazzaneve.
Tra la nebbia e la neve e il vento e i boati delle cariche di bonifica, risalire le piste chiuse, chiacchierando.
Rompere un paio di occhiali per rendersi conto, con un po' di aiuto, che è giunto il momento di darsi alle lenti a contatto.
Una carbonara per riprendersi.
Un salto a casa a spalare i nuovi 7-8 cm di neve ormai umida.
Una telefonata con notizie delle tue chiavi, ritrovate chissà come tra la neve da un paio di studenti.
Due ore alle terme.
Spezzatino di cervo.
Un paio di birre, un drink, un paio di locali in compagnia di qualche atleta "world class", ma soprattutto di persone che in poco tempo, in questa valle lontana quasi da tutto, sono riuscite a esserti vicino.
Sulla via del ritorno avvistare un cervo che fa per incrociare la tua strada e poi saggiamente decide di voltarsi.
Parcheggiare sotto casa, nel mezzo del paese immerso nel buio; l'illuminazione spenta, come ogni notte tra l'una e le cinque.
Alla tenue luce lunare che filtra attraverso la non più così spessa coltre di nubi, in silenzio, respirare per un po' l'aria fresca e umida per lasciare che la giornata scivoli lentamente fuori dalla pelle, lasciandosi dietro il suo ricordo speciale.

mercoledì 17 aprile 2013

Piz Uter, 17 aprile 2013


Decisamente una scelta sbagliata. La neve a nord ora come ora è in uno stato pessimo.
Due centimetri di crosta dura e sotto marciume assoluto. Una ravanata unica in salita e nessun divertimento in salita. Torniamo indietro un po' scornati dopo 500 m di dislivello.
È la prima volta in tutto l'inverno che la Valle Arpiglia non mi offre una discesa remunerativa. Capita.
Ci consoliamo al bar con dolcetti e cappuccino. 
Sarà per un'altra volta. 

martedì 16 aprile 2013

Qualcosa sull'Engadina

È un anno e mezzo che mi sono trasferito in Engadina, e ho pensato che fosse giunto il momento di fare qualche riflessione. L'occasione mi è stata offerta da un caro amico che mi scriveva dopo tempo. Ho aperto il rubinetto e lasciato scorrere i pensieri.
Direi che posso affermare di essere un uomo di città. Sono nato e ho sempre vissuto in città (non sempre la stessa, certo), fino a un anno e mezzo fa. Poi mi sono ritrovato, per scelta, in questa valle incastonata tra le montagne, circondata dal verde (più spesso dal bianco a dire il vero). Contatti umani tutto sommato ristretti, e tanta tanta natura a km zero, letteralmente. Ho incontrato camosci, stambecchi, cervi, gipeti, aquile e volpi più spesso negli ultimi 12 mesi che in tutto il resto della mia vita penso. L'alternarsi delle stagioni è un evento che qui assume una rilevanza tutta diversa, si nota nei piccoli dettagli cha cambiano ogni giorno.
È incredibile a pensarci bene come tutto questo sia quasi totalmente cancellato nella vita urbana dove spesso si limita a un alternarsi puramente meteorologico di caldo e freddo, nebbia, acqua, sole, a volte neve, afa, magari un po' di vento, mantenendo solo una minima cognizione delle trasformazioni che avvengono nella natura quasi quotidianamente. E invece, in primavera e in autunno soprattutto, ogni giorno qualche piccola cosa cambia, lentamente certo, ma basta guardarsi un po' intorno per rendersene conto.
Ritrovarsi all'aperto a camminare, correre, in bici o sugli sci è la normalità, anche perché, a dire il vero, non è che la scena socioculturale offra poi tanto. A volte, avverto un certo sentore di calustrofobia, ma per fortuna a scuola abbiamo diversi periodi di vacanza di uno o due settimane che mi permettono di andare a respirare un'aria un po' diversa. Nonostante questo, fino ad ora, il rientro in valle è sempre stato piacevole: la pace, la natura, i colori, sembrano stereotipi, ma sono realtà.
Un effetto della mancanza di alternative è che, vai con chi vai, finisci per l'andare in giro con gente forte: ultramaratoneti, ex atleti di sci di fondo o triathlon, maestri di sci e di mountain bike, gente così insomma, e nonostante che forse non sia mai stato così in forma, sono sempre il più pippa di tutti, ma va bene così, in fondo, è anche per questo che ho deciso di venire, e di restare.
Per finire, qualche immagine dell'inverno che volge al termine, tutte scattate andando al lavoro o tornandone, o in auto tra un paese e l'altro, o direttamente dalla finestra a casa.

domenica 14 aprile 2013

Val da Camp, 13-14 aprile 2013

La Val da Camp è una laterale della Val Poschiavo, venendo dall'Engadina pochi chilometri dopo il Passo Bernina, un posto che conoscevo perché mi era stato nominato da amici poschiavini, e che avevo voglio di visitare.

Studio un percorso che, a partire dalla dogana di La Motta, porta alla Forcola di Livigno, lungo la cantonale chiusa per l'inverno, per poi piegare indietro e risalire la Valle Ursera fino in cima all'omonimo Piz, e infine scendere la Val Mera fino al rifugio Saoseo, nel cuore della Val da Camp.
La discesa è esposta a Sud e richiede partenza mattiniera.
La salita però è a Nord e il gran caldo si aspetta solo per domenica, perciò ci becchiamo la nostra dose di freddo in un clima sostanzialmente invernale. La strana luce fa apparire moltiplicate le distanze e le dimensioni dei dossi da superare. C'è uno straterello di neve nuova su un fondo parecchio duro, a volte scivoloso.
Quasi al Passo della Forcola
Uno sguardo alle nostre spalle
Finalmente si arriva al sole, e tutto cambia. Le 4 dita di polverina nuova sul fondo duro diventano puro godimento per una delle discese più belle della stagione,  da gustare in rilassatezza.

Primo sole della mattina
Serpentine di piacere
Il riufgio Saoseo è bellissimo ed accogliente. Bruno, il gestore, una persona squisita, guida alpina prodiga di consigli.

Ci suggerisce di puntare al Piz Val Nera, per poi scendere all'omonima Sella e rientrare, verso nord, lungo la Val Nera, all'Alpe Vago, versante livignasco della Forcola. Da lì una nuova risalita lungo la strada chiusa, ma dal versante opposto, riporta al Passo e poi giù all'auto.

La serata è limpida e l'atmosfera nel rifugio semivuoto (solo 8 ospiti) davvero magica. Il cibo, va detto, è eccellente.
La mattina il cielo si presenta coperto, e la temperatura piuttosto mite.
La salita procede bene, su un fondo portante nonostante la copertura nuvolosa della notte. Arrivati sull'ultimo traverso poco prima del Colle Val Nera la neve si assesta: wuum, sotto i nostri piedi. Non è mai una bella sensazione. Pochi passi e seconda avvisaglia, un'altro passo e una terza. A quel punto ci spostiamo di pochi metri raggiungendo un punto apparentemente sicuro. Discutiamo per una mezz'oretta, mancano poche decine di metri ma dobbiamo per forza passare sotto il pendio che ci ha spaventato, e in alto si intravede una crepa.
Memori del saggio detto che in lingua tedesca suona: "Beim Wum, kehr um!", che significa, "Quando senti il wum, torna indietro", decidiamo di seguire il consiglio popolare e rientrare al rifugio Saoseo. A quel punto ridiscenderemo tutta la Val da Camp e poi in autostop da Sfazù possiamo risalire alla dogana per recuperare l'auto.
Discesa per i primi metri un po' sulle uova e poi gran relax su fondo duro appena smollato dal sole che finalmente ci ha degnato della sua comparsa. Manto liscissimo e sciata liberatoria con curvoni a gran velocità.
Arrivati al bivio per il Piz Cunfin ci facciamo tentare e risaliamo ancora qualche centinaia di metri, fino a un colletto sullo spartiacque Val da Camp/Val Viola, per una seconda entusiasmante discesa.

Sguardo verso la Val Viola
La Val da Camp e la Val Viola
Sulla stradina per il rientro al rifugio ci imbattiamo in una signora accartocciata in malo modo, e così facciamo anche il nostro dovere di soccorritori: chiamiamo la REGA (il soccorso alpino svizzero), a causa della fitta vegetazione l'elicottero cala col verricello medico e barella. Dopo un paio di iniezioni di antidolorifico, carichiamo la signora che poi vola via nel cielo, ruotando a mezz'aria verso l'ospedale.
In fondo, forse essere lì al momento giusto era il nostro destino per questa mattina.

La Val da Camp è, obiettivamente, una favola. Da tornare assolutamente, magari già la settimana prossima e poi, senza dubbio, d'estate.

venerdì 12 aprile 2013

Ora niente più scuse

Ecco qua, scietti da 620 grammi. E la prossima gara va portata a termine.

 

Movimento Fish Pro-X e ATK SL-R

 

mercoledì 10 aprile 2013

Piz Giratschouls, 10 aprile 2013

Il mercoledì mattina è diventato un appuntamento quasi fisso con Peter e la sua split. Optiamo per il Piz Griatschouls, che dovrebbe offrire un'ultima chance di una discesa su bel firn nell'invitante lungo pendio esposto a Sud.
Partiamo non troppo presto, per le 7, con un breve portage di 15 minuti. Poi bella neve portante con una spolverata notturna sopra.
Sull'ultima rampa un po' più ripida Peter pasticcia un po' con la split, ma arriviamo in cresta, scossa dal vento, al momento giusto per una discesa meravigliosa su 5 cm di spolveratina nella prima parte e bellissimo fondo duro in fondo, dove, imboccando un canalino riduciamo il portage a 5 minuti.

Ottima gita di soddisfazione.
Avevo pensato di scendere anche il canale Sud, ma Peter non se la sentiva. Bene così comunque. Un po' di relax e godimento puro.

domenica 7 aprile 2013

Adamello Skiraid, anno zero.


Mi fanno male le gambe e mi sento un po' svuotato.

Una mia amica atleta, Ursina, prima al telefono mi ha fatto una domanda che continua a girarmi per la testa: "Ti senti più motivato a migliorare o più deluso e spinto a mollare?"

Ieri sera è stata una bella emozione, essere a contatto con i professionisti, con le stesse regole e sullo stesso percorso. 700 persone dentro il palazzetto ad ascoltare il briefing, tutti insieme: i primi, quelli che lo fanno per mestiere, e gli ultimi, quelli che si ritagliano il tempo fra il lavoro e la famiglia.

Ero convinto che ce l'avremmo fatta. Poi stamane già mi sentivo un po' strano, una di quelle mattine in cui non ti senti poi tanto in forma.
Purtroppo se devi andare al limite puoi provare a convincerti che possa andare bene lo stesso ma se senti che qualcosa non è proprio perfetto è difficile mentire a lungo, nello sport come nella vita.

Era buio, eravamo in mezzo alla nebbia e piovigginava, eravamo ultimi già dopo mezz'ora di gara, ma non sapevamo quanto lontani fossero gli altri.
Poi abbiamo raggiunto una coppia. Abbiamo fatto un po' di strada insieme. Piano piano siamo riusciti a staccarli. In silenzio. Improvvisamente per un attimo si è aperto uno spiraglio e abbiamo visto 5 o 6 coppie poco davanti a noi. Un mini treno. Non abbiamo avuto il tempo di pensare a provare ad accodarci che la nebbia ha nascosto di nuovo tutto.
A circa due terzi della prima salita era chiaro che non ce l'avremmo fatta.
Ecco, lì è stato il momento in cui ho pensato: "ma che cavolo sto facendo?  'sta roba proprio non fa per me...". In quel momento la risposta sarebbe stata alla domanda di Ursina sarebbe stata: "Mollo".
Poi la nebbia si è alzata e abbiamo visto 3 o 4 coppie poco davanti. Ho provato a tenere duro ancora un po'. Alessio andava un pelino in più di me. Non li raggiungevo, ma non mi staccavano. Le 2h10 del primo cancello sono scadute quando mi mancavano forse meno di 300 metri lineari per raggiungerlo.
Quello è stato il momento in cui ho cambiato idea. Ho pensato che tutto sommato un anno fa non camminavo quasi e 5 settimane fa con fatica salivo i 1100 metri del Piz Arpiglia in 2h30m, davanti a casa.
Inverno lungo e difficile questo, attrezzatura certamente poco adatta, non c'è dubbio che le scusa non mi mancano. Eppure ero lì, non così distante dopo tutto. A un livello che tre anni fa mi sarebbe parso irraggiungibile.
E lì mi sono detto: riproviamoci, tra due anni.
Ci sono tante cose da sistemare, nella testa e nelle gambe ma tutto sommato è possibile.
E allora cominciamo a fare sul serio, abbiamo un anno di tempo per la prossima Patrouille des Glaciers, e due per il prossimo Adamelli Skiraid e, chissà, forse il Mezzalama.
Nel mezzo c'è da anche da godersi un po' le uscite e la fatica.
Quindi la risposta definitiva è: "Deciso a migliorare, da domani si ricomincia".